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Evanescenze digitali: qual è il rapporto tra disturbi alimentari e social media?

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Stai scorrendo la home, la tua mente è piena di immagini. Ti sei chiesto quali ti rimarranno impresse? Quale influenzeranno il tuo umore, la tua giornata?

Sembra retorica, ma veniamo costantemente bombardati da immagini, foto, video, post. La potenza dell’influenza dei selfie, del posting sulle abitudini alimentari in vista dell’estate, sulla silhouette, sull’immagine corporea ha una risonanza estesa, dilagante senza confini, proprio come le piattaforme su cui si spostano le dimensioni relazionali, quali quella con se stessi, con  gli altri, con il proprio corpo, con il cibo.

I disturbi alimentari sui social

Tempo di lettura: circa 10 minuti

I Disturbi del Comportamento Alimentare o DCA (anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata) non hanno una sola causa. Tuttavia è stato dimostrato che l’esposizione e la pressione esercitata dai social media contribuisce ad aumentare l’insoddisfazione per il proprio corpo.

È dunque lecito chiedersi: qual è il rapporto tra disturbi alimentari e social media?

Partiamo da una premessa: è impossibile isolare i DCA dal contesto storico-culturale in cui sono immersi.

In un certo senso anoressia e bulimia rappresentano simbolicamente i valori della società postmoderna in cui viviamo: l’anoressia incarna l’immagine centrata sull’ideale del corpo e quindi l’apparire, mentre la bulimia incarna il consumismo e quindi il consumare (1).

Possiamo dire che i DCA sono sintomi della civiltà contemporanea e, infatti, è interessante notare come ci sia stato un drastico incremento di questi disturbi che hanno come nucleo centrale il rapporto con il cibo proprio nell’epoca storica in cui il problema millenario della fame, nei paesi occidentali, sembra essere stato vinto.
E, a tal proposito, è interessante notare come molti psicoanalisti sostengano che il rapporto con il cibo implichi sempre il rapporto con l’altra persona: già gli antichi Greci sostenevano che mangiare soli è una pratica conforme a bestie o a dèi (2).

L’irreale ideale di bellezza

Le ricerche recenti esplorano il “thin ideal beauty”, l’ideale di bellezza perfetta: corpo asciutto, scapole ben in vista, vita sottile. È un ideale di bellezza dell’era dei social network al pari delle pin-up degli anni ’50?
Potrebbe, ma dietro questo ideale vi è una corsa affannosa e struggente su cui si annidano i disturbi del comportamento alimentare e il palcoscenico senza sipario è quello di Instagram e Facebook. Si è passati dai bustini per restringere il giro vita, il famoso vitino di vespa delle “Gibson Girl” degli anni 20 agli hashtag #thighgap, #bhfyp, #thinspiration, terminologia frequentemente associata alle attività online di persone con disturbi alimentari (3).

La questione di interesse psicologico non è l’uso generale di Facebook ma la correlazione tra la pubblicazione di fotografie, postare foto di sé e del proprio corpo e l’interiorizzazione di un ideale di bellezza e il monitoraggio costante del peso e forma corporea (4). L’esposizione costante ad immagini di bellezza perfetta sembrerebbe avere un impatto negativo sull’umore e sul livello di soddisfazione corporea (5) e sulla definizione di obiettivi personali, come il numero di chili da perdere, il tipo di allenamento fisico da fare, cosa mettere o togliere dal piatto (6).

Dietro a tutto ciò, ci sono delle profondità nel rapporto con  se stessi, con l’altro, con il cibo: a volte limpide altre volte torbide.

Jeammet (7) sostiene che l’anoressia, e più in generale i DCA, siano delle condotte di dipendenza, dietro cui si nasconde un grande bisogno di riconoscimento legato ad una grande insicurezza interna.

Il sociologo Erving Goffman (8) sosteneva che in qualsiasi contesto sociale siamo portati a comportarci come attori in una rappresentazione teatrale: siamo consapevoli degli spettatori che abbiamo di fronte e quindi ci impegniamo al fine di creare una determinata impressione. Questo fenomeno sui social media si amplifica ulteriormente in quanto, a differenza del vis-à-vis, è possibile prendersi tutto il tempo necessario per trovare le parole giuste, le foto e i video più adatti da condividere.

I social media, proprio per la loro vocazione “sociale”, ci espongono continuamente al confronto con gli altri e quindi vi è una continua entrata ed uscita dal palcoscenico che si traduce in una chiusura graduale, che diventa concreta e impedisce il nutrirsi per il timore di essere invasi dal troppo bisogno dell’altro.
Infine è importante considerare che mentre in passato il termine di paragone poteva essere l’amica, la compagna di classe, la vicina di casa ora, su internet, il confronto è con il mondo intero.

I gruppi pro-ana

Esiste un fenomeno su internet ancora troppo sottovalutato ma che da qualche anno sta attirando molta attenzione su di sé: i cosiddetti gruppi pro-ana (dove per “ana” si intende anoressia nervosa).

Chi sono i pro-ana?

Si tratta di persone che considerano i disturbi alimentari -come l’anoressia- delle scelte di vita e non disturbi psichiatrici (9).

Dai primi anni 2000, in concomitanza con lo sviluppo di internet, sono nate le prime comunità pro-ana formate soprattutto da persone con disturbi alimentari. Inizialmente il luogo d’incontro virtuale erano i siti, i forum o i primi social come MySpace, oggi si sono diffusi anche su altre piattaforme come Facebook, Twitter, gruppi Whatsapp o Telegram eccetera).

Spesso tali comunità contengono sezioni intitolate “trucchi e suggerimenti“ (ovvero informazioni su come perdere peso e come nasconderlo) e immagini “thinspiration” (ovvero immagini di donne molte magre pubblicate con la finalità di “ispirare” la perdita di peso) (10, 11, 12).

È stato dimostrato che la partecipazione di persone non affette da un disturbo alimentare a queste comunità può avere effetti negativi rispetto all’autostima e alla visione negativa del proprio corpo (13).
Tuttavia alcuni ricercatori hanno suggerito che, a differenza di quanto si potrebbe pensare, gli effetti negativi sulle persone con disturbi alimentari non sono così diretti (14). Ciò ovviamente non significa che i gruppi pro-ana siano del tutto positivi, però è stato messo in evidenza come queste comunità possano fornire ai propri utenti supporto emotivo e la sensazione di “essere compresi” (15, 16) poiché offrono un luogo “protetto” per condividere le proprie esperienze che di solito vengono stigmatizzate (17).

I gruppi #fitspiration e l’ortoressia nervosa

Oltre ai gruppi pro-ana, ultimamente si stanno sviluppando e diffondendo gruppi cosiddetti #fitspiration. Anche in questo caso parliamo di siti o profili (sopratutto su Instagram) che contengono contenuti ispirati a comportamenti salutari come il movimento fisico e la sana alimentazione.

Tuttavia nel 2018 l’Ordine degli Psicologi del Lazio (18), ha affrontato questo argomento mettendo in guardia gli utenti:

I cosiddetti “healthy living blog”, blog dedicati alla vita sana, offrono consigli su come migliorare la salute fisica e mentale e, spesso, includono informazioni su nutrizione, esercizio fisico e immagine di sé. In generale, la qualità delle informazioni su questi siti varia notevolmente: circa la metà degli healthy blog contiene messaggi negativi e stigmatizzanti sul cibo o sul peso. I dati di letteratura ci dicono che, anche se spesso i contenuti non sono palesemente inerenti comportamenti patologici, essi sono potenzialmente dannosi per gli utenti che già hanno un cattivo rapporto con il cibo o con la propria immagine corporea (19).

È chiaro che il passo tra stili di vita sani e comportamenti disfunzionali è breve e difficilmente comprensibile dal fruitore inesperto o, comunque, alla ricerca di condivisione, approvazione e solidarietà sui propri comportamenti a rischio.

Inoltre negli anni alcuni medici e psichiatri hanno proposto l’inserimento nel DSM-5 di un nuovo disturbo alimentare: l’ortoressia nervosa. Tale disturbo consiste in un’eccessiva attenzione alle regole alimentari, alla scelta del cibo e alle sue caratteristiche. Diversi studi hanno dimostrato che l’uso di Instagram è collegato all’aumento dei sintomi dell’ortodossia nervosa (20).

Conclusioni

Numerose ricerche dimostrano inequivocabilmente che esiste una relazione tra disturbi alimentari e social media.
Tuttavia è opportuno sottolineare che in questo breve articolo abbiamo trattato solo uno dei tanti aspetti che contribuiscono allo sviluppo dei DCA i quali, essendo disturbi molto complessi, coinvolgono diversi aspetti (psicologici e non solo) della persona e dunque sarebbe semplicistico cercare di spiegarli solo con l’utilizzo improprio dei social media.

Irene Marino
Valerio Di Lazzaro

Bibliografia e sitografia

(1) Recalcati M. (1997), L’ultima cena: anoressia e bulimia, Milano: Bruno Mondadori, p. 25

(2) Cosenza D. (2018), Il cibo e l’inconscio, Milano: Franco Angeli

(3) Pater J., Hamilson O.,Andalibi N., Mynatt E. (2016), “Hunger Hurts but Starving Works” Characterizing the Presentation of Eating Disorders Online, CSCW, San Francisco.

(4) Cohen, R., Newton-John, T. & Slater, A. (2017). The relationship between Facebook and Instagram appearance-focused activities and body image concerns in young women. Body Image, 183-187.

(5) Slater, A., Varsani, N., Diedrichs, P. (2017) . #fitspo or #loveyourself? The impact of fitspiration andself-compassion Instagram images on women’s body image,self-compassion, and mood. Body Image,  22,87-96.

(6) Fardouly, J. (2018). Instagram use and young women’s body image concerns and self-objectification: Testing mediational pathways. New media & society, 20(4) 1380–1395.

(7) Jeammet P. (2004) Anoressia , bulimia. I paradossi dell’adolescenza interpretati da un grande psichiatra francese. Tr. It Franco Angeli, Milano 2006

(8) Wallace P. (2016), La psicologia di internet, Tr. It Raffaella Cortina Editore, Milano 2017

(9) Lyons, E. J., Mehl, M. R., & Pennebaker, J. W. (2006). Pro-anorexics and recov- ering anorexics differ in their linguistic Internet self-presentations. Journal of Psychosomatic Research, 60, 253–256.

(10) Chesley, E.B., Alberts, J.D., Klein, J.D., & Kreipe, R.E. (2003). Pro or con? Anorexia nervosa and the Internet. Journal of Adolescent Medicine, 32, 123–124.

(11) Harshbarger, J. L., Ahlers-Schmidt, C. R., Mayans, L., Mayans, D., & Hawkins, J. H. (2008). Pro-anorexia websites: What a clinician should know. International Journal of Eating Disorders, 42, 367–270.

(12) Norris, L. M., Boydell, K. M., Pinhas, L., & Katzman, D. K. (2006). Ana and the Internet: A review of pro-anorexia websites. International Journal of Eating Disorders, 39, 443–447.

(13) Bardone-Cone, A.M. & Cass, K.M. (2007) What does viewing a pro-anorexia website do? An experimental examination of website exposure and moderating effects. International Journal of Eating Disorders, 40, 536–548.

(14) Csipke, E. & Horne, O. (2007) Pro-eating disorder websites: Users’ opinions. European Eating Disorders Review, 15, 196–206.

(15) Lyons, E. J., Mehl, M. R., & Pennebaker, J. W. (2006). Pro-anorexics and recov- ering anorexics differ in their linguistic Internet self-presentations. Journal of Psychosomatic Research, 60, 253–256.

(16) Juarascio A. S., Shoaib A., Timko C. A. (2010). Pro-Eating Disorder Communities on Social Networking Sites: A Content Analysis. Eating Disorders, 18, 393-407

(17) Tierney, S. (2008). Creating communities in cyberspace: pro-anorexia web sites and social capital. Journal of Psychiatric and Mental Health Nursing, 15, 340–343.

(18) https://www.ordinepsicologilazio.it/cittadini/thinspiration-e-fitspiration/ 

(19) Boepple LThompson, JK (2015). A content analytic comparison of fitspiration and thinspiration websites. Int J Eat Disord. 

(20) Turner P.G., Lefevre C.E. (2017), Instagram use is linked to increased symptoms of orthorexia nervosa. Eat Weight Disord. 22(2), 277-284.

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